mercoledì 27 giugno 2007

Lo schiavo Inbound

Premetto, quando parlo di situazione lavorativa, parlo della situazione all'interno di QUESTO call center.
Perchè qui è davvero vergognosa.

Credo che la cultura del lavoro sia ormai un valore andato perso, ALMENO sicuramente per quanto riguarda un persona che lavora qui da noi, QUALE OPERATORE INBOUND.

Tutto questo lo dobbiamo a chi, commiserando queste persone ha messo nelle loro mani un'arma:
l'arma del lavoratore autonomo.
E' vero, a tutti gli effetti lo sono, il problema è che qui da noi, schiacciati da tale politica, seguiamo alla lettera i dettami del contratto a progetto, come in una sorta di ricatto virtuale. Pertanto trattiamo letteralmente tali persone come lavoratori autonomi, lasciandoli al loro pascolo e alla loro inconcludenza e sfaccendataggine. In questo call center non esiste più né la subordinazione, nè la parasubordinazione, esiste solo l'anarchia più totale.
Pertanto noi dipendenti, subordinati ed umiliati:
NON VEDIAMO L'ORA CHE QUESTI SFACCENDATI VENGANO ASSUNTI!

Infatti, forte del proprio contratto a progetto, gran parte di questi "lavoratori" rende responsabili e supervisori (dipendenti) inermi spettatori di ogni sorta di arroganza e irrispettosità. Non verso le nostre persone, né tantomeno verso l'Azienda, ma verso il concetto di LAVORO in sé.
Quello che in questi anni NOI abbiamo cercato di costruire. Quello che ci siamo conquistati.

Sia chiaro non si tratta di una forma di protesta contro lo stato contrattuale in cui si trovano, dato che questi soggetti, alla prospettiva di un'assunzione hanno addirittura avanzato titubanze, dicendo tra i denti che preferiscono rimanere come stanno.

E ci credo, guardiamo ai numeri (che devo arrotondare...):
- ogni operatore guadagna di media tra i 6.5 e gli 8.5 euro lordi all'ora (a seconda dei carichi di lavoro).
- ogni lavoratore su un'ora passa di media il 42% del tempo al telefono. Vuol dire che su un turno di 4 ore lavora meno di 2 ore!
- ogni operatore ha la più totale libertà di arrivare all'ora che preferisce (e a non venire proprio al lavoro, anche senza avvisare, nessuno gli può dire nulla), di andarsene quando vuole, di fare PAUSA quando gli pare (infatti si approfitta sempre degli orari con maggior carico di chiamate!).
- ogni lavoratore passa i momenti in cui non è al telefono come meglio preferisce, le attività principali sono: i giochi on line, la posta personale, i forum, le chat, le immagini delle donnine nude; ma non si disdegnano le attività di gruppo...
- l'operatore non è soggetto ad alcun controllo sulla qualità del proprio lavoro: in pratica paradossalmente potrebbe dire le cazzate che vuole al telefono, non possiamo riprenderlo (tantomeno mandarlo via).
- ogni lavoratore, di media, ad ogni telefonata si lamenta per la mole di lavoro a cui è soggetto, nonostante riceva di media tra le 6 e le 7 telefonate all'ora!
- lo schiavo inbound al momento in questo call center non ha obblighi di alcun genere, ma solo diritti.

E i dipendenti stanno a guardare. A guardare il loro lavoro e tutto quello in cui hanno creduto svilito e a SPERARE CHE FINALMENTE VENGANO ASSUNTI, illudendosi che per crescere e maturare questo genere di persone ha bisogno della subordinazione.

Tanta gente che non avrebbe trovato un lavoro manco a pagarlo, perchè non avrebbe passato nemmeno il più breve periodo di prova, avrà finalmente un contratto a tempo indeterminato. Mentre magari c'è tanta gente nelle università, negli enti di ricerca, nelle cooperative, nelle fabbriche che merita di più, sputando sangue.
E invece no, i call center erano quello su cui intervenire, l'emblema delle precarità, la vergogna del nostro Paese... ed eccoli qui, i vostri stabilizzati, povera Italia!

Chiaramente il post non si riferisce a TUTTI gli operatori di qs callcenter, ma alla maggior parte. Le poche perle che fanno sul serio ci sono. Rare, ma preziose.

venerdì 22 giugno 2007

Precari scontenti, presto disoccupati

Io sono stufa di tutta questa demagogia sui call center. Non ne posso più!

Volete che chiudiamo? Non ci sono i soldi per assumere tutti!!
A che pro?

Ho letto oggi il post di Grillo riguardo i callcenter e sono avvilita dal fatto che il mio lavoro, come quello di tanti altri, venga continuamente deprezzato da testimonianze patetiche, autocommiseranti, non documentate e poco costruttive da parte di questi sedicenti "schiavi moderni" dei call center.

Io sono dipendente qui dentro da 4 anni.
Ma che ne sa Grillo di quello che ho dovuto e devo quotidianamente passare?
Che ne sanno gli "schiavi moderni"?

Mentre si pubblicano letterine anonime su Team Leader e Supervisori schiavisti nevrotici squilibrati!
Noi che siamo dei LAVORATORI con la nostra voglia di fare ci siamo creati un percorso addirittura in un'azienda di serie B come un call center! cia siamo fatti assumere!

Quando io lavoravo in ritenuta d'acconto, Grillo dov'era?
E quando abbiamo perso la nostra principale commessa inbound, mandando a casa 20 persone, lui che faceva?

E quando successivamente, di giorno in giorno, alla faccia del mio contratto d'assunzione, il nostro responsabile di filiale ci diceva che non ci si stava con i conti e che rischiavamo la chiusura?
E che ne sa di quando abbiamo perso un'altra delle nostre principali commesse, lasciando a casa 40 "schiavi" con le lacrime negli occhi, perchè nonostante tutto, quello era l'unico lavoro che avevano?

Chi sa come sta un dipendente nel vedere il suo callcenter deserto?

Che ne sa di noi, abbandonati, senza un ruolo preciso, ma pieni di carichi e responsabilità ad arrangiarci in ogni modo per tenerci stretto il nostro lavoro!
Mentre ogni giorno ci passano davanti menefreghisti e supponenti persone convinte che tutto gli sia dovuto e che ci umiliano con i loro modi tipici di chi ha avuto sempre la pappa pronta, privi del senso della gavetta e di una CULTURA DEL LAVORO!

Che ne sa invece delle realtà che vediamo quotidianamente, delle persone che almeno qui dentro hanno un loro ruolo, un loro momento, un contatto umano e che da un momento all'altro siamo costretti COL CUORE IN GOLA a mandare a casa PERCHE' ABBIAMO PERSO LA COMMESSA.
I cattivi siamo noi?
O sono le grandi società che permettono (per non assumere al loro interno) questo stato di cose?

E sa Grillo che in questo come in altri callcenter abbiamo subito ispezioni a tappeto (2 in un mese!) venendo trattati alla stregua di delinquenti, per il solo essere "responsabili", quando siamo dei normalissimi dipendenti (e forse di irregolarità da denunciare ne avremmo più noi!).

Sa Grillo che la stabilizzazione di centinaia di operatori nel nostro gruppo ha portato al ritiro dei bouni pasto di tutti quelli già assunti? e nessuno ha fiatato: perchè non ci sono soldi.
Ma questo lo sappiamo solo noi! E non ci piangiamo addosso!!

Però restiamo qui, a prendere merda dagli schiavi di Grillo.

La merda di inconsapevoli strumenti di chi vuole istituire l'oligopolio nel settore che è per antonomasia quello più libero e flessibile che potesse esserci!
Aziende su aziende perderanno l'unica peculiarità che hanno. Precari su precari resteranno disoccupati. Noi dipendenti che qui dentro ci sputiamo il sangue perderemo il nostro posto stabile.

Sono troppo incazzata.

martedì 19 giugno 2007

Sindacato Zelante - Sindacato Silente

-11
giorni al termine per le prime stabilizzazioni nel nostro Call Center.

In 11 giorni, 9 lavorativi, si dovrebbe:
  • organizzare l'incontro dell'azienda con i sindacati a livello TERRITORIALE (incredibile, ancora non s'era fatto!).
  • firmare verbali di conciliazione per tutti gli operatori del Call Center (N.B. ogni operatore ha una situazione diversa dall'altro, pertanto i verbali sono tutti differenti - o almeno così dovrebbe essere), in presenza di un rappresentante aziendale e dei conciliatori (i sindacati - che già a maggio si sono fatti dare le deleghe dagli operatori...).
  • decidere quali e quanti saranno i primi ad essere assunti - a tempo indeterminato (una scelta non da poco).
L'ultima assemblea sindacale si è tenuta in maggio. Da allora ci si doveva sempre aggiornare, ma nessuno si è aggiornato.
Ci AGGIORNIAMO al 1° luglio.

giovedì 14 giugno 2007

LA SCOMPARSA DEI FATTI vs SCHIAVI MODERNI

Perchè scrivere un libro fatto di testimonianze anonime, prive di fondamento e senza riportare alcun dato, numero, riscontro a documento? perchè non riportare anche quanche testimonianza contrastante? e perchè non fare verifiche ed accertamenti informandosi sulle aziende e sui fatti oggetto delle testimonianze riportate nel libro?

Da profana dico: non si scrive un libro così.

Troppo comodo fare retorica spicciola, invece di mettersi di traverso, rischiando di essere scomodi.

Perchè invece di commiserare comodamente, senza documentare, non si è pensato a come evitare che tutti questi precari, non finissero col diventare strumento di chi semplicemente vuole istituire l'oligopolio (se non il monopolio) anche nel settore dei call center?

Eppure chi se ne è reso conto c'è, e cerca di alzare la voce, una voce spezzata dalla mancanza di divulgazione, addirittura su uno strumento di facile propaganda come internet.

Perchè non chiedersi come mai, con tante realtà di sfruttamento, dove gli schiavi ci sono davvero, solo i call center sono stati presi ad emblema della precarietà da sconfiggere?


Come si può pubblicare un libro di opinioni, privo di fatti?
La testimonianza serve quando è costruttiva.

Chi ha la possibilità, la potenza divulgativa e il consenso popolare dovrebbe occuparsi di questo.


Troppo impopolare spiegare che c'è il sospetto che certi provvedimenti siano stati presi non per il bene dei lavoratori, ma per il bene di pochi imprenditori?

Brutto dire che le stabilizzazioni si sono fatte: ma male.


Vorrei poter finalmente leggere un libro, un ariticolo che ce lo racconta, lo spiega e lo dimostra documentandolo.

E poi finalmente avremo gli strumenti per lamentarci e per poi reclamare diritti che ci sono stati tolti, per denunciare e testimoniare.

Finalmente smetteranno i sessantenni di dirci con compassione che gli dispiace tanto, ma stiamo "pagando i debiti delle generazioni precedenti".

Marco, aiutaci tu.

mercoledì 13 giugno 2007

La testimonianza

Anche Dory ha ricevuto come in tutti i blog che si rispettino, una testimonianza da una persona che chiameremo "schiavo post-moderno", per poter rispettare il suo anonimato.

Cara Dory,
chi ti scrive è un giovane trentenne in carriera presso un call center. Voglio riportarti la mia esperienza: nel mio ufficio abbiamo una forza lavoro costituita da un 85% di donne e io faccio parte della netta minoranza. Tutto il mio staff è costituito da femmine, di quelle peggiori: inviperite, turbolente, polemiche, nevrotiche, lunatiche e stressanti.
Già dalla mattina non so come si inizierà: devo innanzitutto sperare che non abbiano avuto seccature a casa, che non sia successo nulla nel percorso fin qui e soprattutto che il tasso di umidità sia tale da consentire ai loro capelli di starsene ben disciplinati.
Basta che solo per una di loro non vada come deve andare e per me si prospetta una giornata d'inferno: per tutto la colpa è mia.
Non solo, oltre a subire le loro ire vengo anche sfruttato fisicamente per lavori di bassa manovalanza e demansionanti: se si fulmina la lampadina del cesso (indifferente se maschio o femmina) chi va a sostituirla? e quando ci sono da spostare dei pc? chi va ad infilarsi in giacca e cravatta sotto alle postazioni per scollegare i cavi? e chi sposta i monitor? e poi chi le sente a casa perchè ho sporcato il vestito?
E non ti dico quando gli prende a tutte quella di spostare i mobili, le scrivanie, gli armadietti... mentre loro mi "aiutano" trasportando i loro vasi di piante e le fotografie.
Non solo: "vai giù? mi porti un caffè? vai alla macchinetta? mi porti qualcosa?"
Ma dico, che cosa sono io? dovrei essere quello che le deve "coordinare" e invece sono il loro schiavo! altro che stress da telefoni! io ci tornerei al telefono! ... e fossero almeno gnocche!
Ti prego Dory dammi un consiglio.

Caro schiavo post-moderno, la tua testimonianza non mi è nuova. So di situazioni del genere che si verificano anche in altri uffici. E' vergognoso, lo so. Lo sfruttamento istituzionalizzato del lavoratore (capufficio) maschio è una moderna peste bubbonica che vi ha trasformati in schiavi post-moderni. Dal cambiare le lampadine del cesso a spostare telefoni. Meno rispettati degli schiavi che andavano a raccogliere cotone nei campi!
Il femminismo lavorativo sta ormai diventando una legge usata per lo sfruttamento del maschio e soprattutto nei call center c'è una popolazione di faraonesse in cerca della loro piramide. Siete senza dignità, senza niente. Neppure la speranza degli operai degli anni '50. Quei bei tempi in cui le femmine se ne stavano a casa e in fabbrica i maschi erano la maggioranza!
Mi dispiace amico, anche tu stai pagando l'ennesimo debito delle generazioni precedenti.
Adattati.

martedì 12 giugno 2007

Il passaggio da "schiavo moderno" a "schiavo volontario" (e ignaro)

Parte II
Un giorno decido di andare via di casa. Non potevo più stare con i miei genitori, mi mancava la libertà. Il regime poco democratico di casa mia (mio padre è militare) mi portava a subire gli orari più assurdi e le regole più fuori moda (mio padre è di origini meridionali - ma di quelli che non sa che le cose sono cambiate anche lì).
Sorvolo sul MEZZO che ho scelto per abbandonare il NIDO in fretta (che è causa e motivo della mia attuale propensione verso la precarietà), ma indipendentemente da ciò mi servivano i soldi.
Infatti nel frattempo il mio contratto presso l'ente dove prestavo prestazione super-occasionale era terminato, senza rinnovo. C'era stata la proposta di continuare a stare lì gratis, "per imparare" qualcosina, ma sinceramente la cosa non mi garbava: meglio spappolarmi il fegato con 10 ore al giorno di telefonate inbound, con la possibilità di fare qualche lira da mettere da parte. In più avevano anche "migliorato" la mia situazione contrattuale: da collaborazione occasionale (in ritenuta d'acconto) a co.co.co.. Un salto di qualità, per noi giovani di quegli anni che non sapevamo nemmeno la differenza tra i due!
Insomma, ancora nel frattempo, acquisto anche una casa. Ma mica in contanti, con un mutuo! Non parlo di quante banche mi hanno indicato la porta appena saputo del mio contratto: è stato lì che ho realizzato formalmente cosa prevedeva essere un atipico (allora ci definivamo così, con meno autocommiserazione).
Ma una banca mi ha risposto con la concessione del prestito: logicamente a fronte della firma dei miei genitori come garanti, ma nulla di male a chiedere l'aiuto della famiglia, no?
Logicamente mi sono anche dovuta accontentare di un appartamento da raggiungere con 5 piani di scale a piedi e in un palazzo un pò fatiscente e vecchio!
Comunque alla fine ci sono riuscita a lasciare casa dei miei.
Poi un giorno che ero in turno (allora potevamo ancora chiamarli così), mi chiamano i responsabili e, similmente alla storia che ho raccontato già, mi comunicano che sarò supervisore (quando potevamo chiamarli così).
Mi comunicano i miei nuovi orari di lavoro (allora si faceva), che cambiavano a discrezione del responsabile della filiale di allora, in palese atteggiamento di subordinazione (a quei tempi non c'era Damiano).
Nel frattempo inviavo curriculum a destra e a manca. Nulla toglie che si voglia migliorare, no?
Nel frattempo mi stava bene stare dove stavo. Meglio che disoccupati, no?
Se mi sono lamentata non è mai stato per il contratto, o meglio, sì, ma semplicemente perchè i ritmi erano moooolto più pesanti: lavorare fno alle 22.00, continuamente sorvegliate dal responsabile che metteva parola su tutto (pause, orari, lavoro, pranzo, internet, cellulari e via dicendo).
Mai sentita in stato di schiavitù: schiavo è chi è COSTRETTO a lavorare e NON viene pagato. A me nessuno mi costringeva e soprattutto venivo pagata (12.000 lire all'ora).
Anzi, quando ci sono stati i momenti di crisi, nessuno mi ha detto "ora stai a casa".
A me stava bene quella situazione come a loro.
Quando mi sono stufata, mi sono imposta. Ma ci sono riuscita a fronte delle certezza che avevamo con chi era con me a BATTERSI e a LITIGARE con il responsabile di essere una persona valida, preparata e con TANTA voglia di lavorare.
Ero una persona non indispensabile, ma che sarebbe dispiaciuto perdere.
Ed è bastato che una sola di noi lasciasse l'azienda, che il nostro responsabile ha fatto assumere le altre. Per paura di perdere anche noi (parole sue!).
E dopo quattro mesi è arrivato il contratto. Gennaio 2004: Biagi mi ha salvata, non sono mai stata in Co.pro!
Quello che voglio dire è che da allora (2004) poche persone ho visto essere come noi.
Pochi giovani.
Vengono qui convinti che le cose siano dovute, sono sempre pronti a gridare all'ingiustizia, ma la voglia di lavorare, di farlo bene, di emergere e l'affidabilità dove sono?
In questi anni di ventenni idealisti ne ho visti tanti: pochi erano dei gran lavoratori, quasi tutti prendevano sotto gamba quest'azienda, considerandola un passaggio (tra l'altro non necessario).
Certo non è l'aspirazione di nessuno lavorare in un call center.
Come mi ha detto una volta una'operatrice, studentessa in Scienze della Comunicazione, "mica farò la telefonista a vita!". Non le ho nemmeno risposto, ma mi chiederò sempre se questa ragazza dopo che si è laureata ha trovato SUBITO il lavoro "dignitoso" che tanto sembrava le sarebbe dovuto spettare.
Io sono dell'idea di non chiudersi mai nessuna porta. Non fai la telefonista a vita, se non sei una mediocre, se hai voglia di fare.
E allora cresci, anche in un call center.
E se anche i giovani la pensassero così, si potrebbe fare tanto anche per posti come questo. Si potrebbe migliorare, con idee giovani, vivaci e innovative che magari noi a trent'anni non abbiamo più.
E non ci sarebbero schiavi, né schiavisti.

venerdì 8 giugno 2007

Precari e contenti, il call center è il mio regno

Anche Dory rende la sua testimonianza!
Leggetela qui


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In questi giorni sono stata incasinata di lavoro: c'è qui un altro cliente, un'azienda importante ed affermata a livello nazionale, con fatturati da sballo, in visita per formare il personale per poi sfruttare il call center pagando "un bianco e un nero".
Due giorni di formazione full time, 8 ore al giorno, 11 persone tra operatori, team leader e supervisori, 50 ore di programmazione per il software = 0 euro pagati dal Committente.
Mentre il call center paga. Comunque.

La finalità è un teleselling durante il quale noi dovremo produrre contratti per loro e loro ci ripagheranno con provvigioni da miseria.
Significa che se il Call Center non produce, non viene pagato.
Se produce, viene pagato comunque poco.
Mentre le paghe a noi come agli operatori arriveranno lo stesso...

Ma "il mercato è stagnante" (per dirla alla commerciale) e bisogna cogliere quelle "occasioni" che arrivano, per fare un pò di fatturato e riempire le postazioni.
D'altra parte sarà impossibile che qualcosa cambi finchè ci saranno "call center" del cavolo, privi di professionalità e improvvisati (soprattutto al sud) che tengono gli operatori in nero, o li pagano a provvigioni vergognose.
E' logico che questi sciacalli riescono a fare offerte bassissime ai potenziali clienti.
In tal modo si uccide il mercato.
E' un fenomeno che deve andare arginato.
Dove sono i sindacati? e gli Ispettori?

E i committenti intanto partecipano a questo sfruttamento.
E noi ci dobbiamo adattare, accettando offerte ridicole, pur mantenendo la nostra serietà ed immagine.
Per non parlare delle strutture, tecnologie ecc.
Poi ci si chiede perchè nelle sale i team leader fanno leva sugli operatori perchè producano e diano il massimo. E perchè i Supervisori devono motivare i team leader, perchè spronino il personale.
E i Manager stressano i Supervisori chiedendo rese alte per riuscire a far tornare i conti su attività che "si sono dovute accettare". Dando la colpa ai commerciali.
Alla fine chi è che sfrutta?

venerdì 1 giugno 2007

Il passaggio da schiavo pre-moderno a "schiavo moderno"

Parte I

Mi sono laureata nel 1998, presso la facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali, a 23 anni.
Dopo due settimane lavoravo presso l'ente che mi aveva ospitata per le ricerche inerenti alla mia tesi: dovevo fare una semplice attività di data entry. "Contratto d'opera", 100.000 lire al mese.
Due mesi dopo mi chiamano a casa, un professore dell'università ha dato il mio nominativo. Devono aprire una centrale elettrica a "biomasse" e la regione ha stanziato i soldi per un "master" e uno "stage". Con estrema certezza mi dicono che avrò un lavoro in questa nuova struttura. 3500 lire all'ora per 800 ore totali. Finisco in fretta la mia prestazione d'opera al museo e passo a questa formazione.
Per più di tre mesi faccio la pendolare per diverse località della regione.
Inizio uno stage presso la società che doveva costruire la centrale, dopo qualche settimana vengo spostata in un altro laboratorio: analizziamo le "acque" che grandi industrie fanno "refluire" nei fiumi. I grandi ricercatori però non si sporcano mai le mani e mandano me di persona al depuratore della città per prelevare campioni (in grosse taniche) da analizzare (tralascio i dettagli).
Un giorno travasando una di queste taniche di "acque reflue" in un'altra, succede un pasticcio e mi verso tutto il contenuto addosso. Per 3500 lire all'ora mi trovavo fradicia di un liquido che non sto a dire... col nodo in gola ho pensato "ma chi cazzo me lo fa fare?"
Infatti per questioni poliche ed economiche la centrale non è stata aperta e il discorso "biomasse" si è chiuso lì (e forse non sarebbe stato un bene solo per me se fosse continuato).
E allora mi iscrivo ad un corso di grafica, mentre cerco un lavoro.
L'ente con cui mi ero laureata mi richiama: un nuovo contratto d'opera a 100.000 lire al mese. Accetto, avrò sempre qualcosa da imparare: invece questa volta il lavoro consiste nello spostare fisicamente dei campioni (circa 20000 vasetti di vetro) dalla cantina al terzo piano della struttura, un vecchio palazzo austriaco logicamente privo di ascensore. Quattro mesi così e non dico queli erano le condizioni in cui lavoravo (credo non ci fosse neanche l'INAIL...ma ispettori non ne ho mai visti!).
Mi rinnovano il contratto: questa volta devo pulire dalla polvere una collezione e catalogare tutto. Il lavoro si svolge nello scantinato della struttura. Con i topolini che passeggiano sugli scaffali in alluminio (sento i loro passetti!). Ma è normale: è la gavetta.
Io sto solo lì a lavorare sodo, perchè prima o poi arriverà il mio riscatto. E un giorno arriva una speranza: indicono un concorso per un'assunzione. In realtà sono due, ma ad uno mi invitano a non presentarmi proprio (e non è la sede per proseguire...).
Solo che non si sa quando. E io intanto ho bisogno di soldi.
Al termine del mio corso di grafica avevo conosciuto una ragazza che lavorava in un posto dove si risponde ai numeri verdi.
E così comincia la mia avventura qui dentro.
Parallela a quella di un laboratorio con i campioni da spostare, mentre IMPARO in un call center come è un posto di lavoro VERO. Vero nel senso che siamo tutti uguali, che esiste la MERITOCRAZIA, non la raccomandazione, o la subordinazione giustificata dal numero delle pubblicazioni e dei dottorati.
Un giorno mentre ero in cantina a lucidare i miei campioni e a catalogarli entra uno dei direttori e mi invita a esporre il mio lavoro ad un gruppo di studenti della mia ex facoltà venuti in visita. E spiegare qual'è il lavoro che andrà a fare una persona con la nostra laurea, dando qualche consiglio sugli studi. E che gli dico?

Dai dati raccolti dal Clum CMME si stima che nel 2002 in Italia erano attivi 1280 call center , con un incremento del 34% dal 2000, anno in cui le postazioni (l'unità di misura occupazionale adottata nel settore) erano 73 mila. Nel 2001 - come riportato dall'ISIMM (Istituto per lo studio dell'innovazione dei media) - il 26,4% degli italiani adulti, pari a tredici milioni di persone, ha parlato almeno una volta con uno di loro.
Il 93% degli operatori ha un'età compresa fino a 29 anni, ma l'età media cresce di pari passo con il miglioramento del ruolo professionale, visto che il 94% dei supervisori ha più di
26 anni e, di questi, il 47% oltre i 30.
Sul titolo di studio si scopre che il 62% dei call center impiega meno del 40% di operatori laureati ed è elevata la percentuale di aziende che utilizzano i diplomati anche come manager.