mercoledì 1 agosto 2007

Foglietti di carta copiativa

Ieri ho avuto il "piacere" di partecipare ad un incontro con alcuni individui impiegati in una delle aziende nostre committenti.
Ho definitivamente preso atto del fatto che ormai il sistema più utilizzato dai cosiddetti manager per darsi importanza è un utilizzo privo di proposito della lingua inglese. Sia chiaro, non sono una "purista" della linga italiana. Ma ritengo che esistano dei limiti e per me questi sono stati largamente oltrepassati, rasentando il ridicolo.
Avevo già dovuto sopportare, anni fa, quando questa moda (del tutto milanese) era appena agli inizi, il mio ex-ex-capufficio che mi chiedeva di forwardargli un'e-mail o che, con il suo rude accento friulano, mi comunicava in tono quasi minaccioso che appena riusciva veniva da me a fare un rebùt del server.
Negli anni avevo poi dovuto sopportare qualche ignorante colleghina milanese chiedermi il rìport (anziché report) o la mia zelante ex capufficio propormi un breef o di preparare qualche slide.
Ieri secondo me abbiamo toccato il fondo: abbiamo iniziato parlando di un'attività stand-alone da customizzare su un baseload, fino ad arrivare a capire che in pratica si trattava di un direct mailng, attenzione, no-rolling, con successivo recall per un check del feedback. Ad un certo punto sono certa si sia parlato di una nostra capacity-acquisition possibile a patto di costruirci una proxy seguita da un piano di roll-out.
Al di là della impossibilità di lavorare sereni di fronte a tali incomprensibili e bizzarri consigli, io giuro che ho dovuto trattenermi dal ridere in faccia all'individuo che parlava (tra l'altro non uno scemo qualunque).
E poi ho pensato a come effettivamente questo darci importanza con tali termini sia entrato nella normalità anche qui da noi a Trieste, dove spesso abbiamo cercato di resistere a questa guerra tra poveri (milanesi): ormai il nostro capufficio viene chiamato CCM, Call Center Manager (io lo chiamerei "Esecutore di un mandato", dato che in sintesi c'è ben poco di autonomia manageriale in ciò che fa), quelli come me li chiamano PM, Project Manager (fino a poco fa eravamo semplicemente le disprezzate e rompiballe tuttofare, al fine degli allori che si prendevano altri. Ci hanno cambiato il nome, ma la sostanza rimane la stessa).
Il PM si avvale di una schiera più o meno folta di TL, Team Leader (braccio esecutore di quello che né il PM né il CCM hanno più voglia di fare) e di Tutor, termine non inglese, ma perché non chiamarli "affiancatori"(che è quello che fanno)?
Segnalo che fino a che abbiamo lavorato sotto il nostro ex-ex-capufficio friulano, di manicuccia stretta, il ruolo di PM, TL, e tutor era racchiuso in un unico "bubez": il Supervisore (ruolo rivestito anche dalla sottoscritta).
Per non parlare delle figure dell'Account Manager (del tutto inutile in questa sede) e del Sales Manager (inesistente in questa sede), inventate solo da chi si vergognava di identificarsi come un "addetto alle vendite".
Poi vedo la tenerezza che mi fanno le mie fiere colleghine milanesi a mettersi il loro ruolo segnato sotto il nome nella firma automatica dell'outlook (io personalmente mi sono sempre rifiutata di farlo) e sorrido al ricordo del nostro (dimesso) Operation Manager che accusandomi di essere un'accentratrice mi esortava a "farmi l'acting".
Come spiegargli che letteralmente avevo già provveduto da tempo?
E penso al mio papà, che nella sua spartana semplicità militarista mi ha consigliato di non usare e-mail, ma di scrivere su foglietti con carta copiativa gli ordini da impartire ai miei sottoposti, in modo da averne una copia per un controllo a fine giornata, aggiungendo in tono canzonatorio ed accento napoletano "là siete tutti manager, ma chi comanda?".