venerdì 25 maggio 2007

La cuffietta appesa al chiodo

Un giorno arrivi in ufficio, tutto tranquillo, ti siedi in postazione e ti loghi al pc. Attacchi la tua cuffietta, ti sistemi i manuali, controlli la posta (e già mi vien da ridere) e chiedi se ci sono aggiornamenti. Ti metti "available" sul client e attacchi a rispondere al telefono.
Un giorno arrivi in ufficio, hai passato una serataccia, non fai niente, semplicemente accendi il pc, ti loghi e ti metti "available". Cominciano ad entrare le chiamate e iniziano le prime rogne al telefono.
Un giorno arrivi in ufficio, magari qualche minuto prima, ridi e scherzi con i colleghi, organizzi la serata o il finesettimana con loro, la partita a calcetto con le colleghe che vengono a fare il tifo, intanto rispondi e commenti le cazzate che sparano i chiamanti, leggi il giornale, guardi internet con gli altri ... quando sul più bello arriva il responsabile del Call Center. Ti invita, appena libero, a recarti nel suo ufficio.
Ridendo e scherzando con i colleghi ti chiedi cosa avrai mai combinato stavolta, ti alzi e vai a vedere che cosa c'è.
Il responsabile ti comunica che data la tua affidabilità, bravura, preparazione, professionalità e serietà, hanno deciso che diventerai un SUPERVISORE.
Sììììììì, basta con telefoni, stronzi che chiamano, rotture di balle, sarai un supervisore, un team leader o come chiamarlo, ma puoi finalmente appendere quella cazzo di cuffietta al chiodo.
Il giorno successivo arriva la mail da parte del responsabile del CC: "con la presente vi comunichiamo che da lunedì avrete un nuovo supervisor ...". Che soddisfazione. D'altra parte te ne sei accorto quando sei arrivato in ufficio. Facce lunghe, serie, freddezza e poca voglia di scherzare. Nell'imbarazzo di dover spiegare, non parli. Tutto il resto della settimana lo passi nella tua postazione, solo, mentre gli altri parlottano tra loro e ti escludono da qualunque discorso riguardante l'azienda e il lavoro.
Passano gli anni, nonostante tutto, cerchi di rifarti. Ridi e scherzi in sala, cerchi di meritare la fiducia e la stima dei colleghi, lavorando bene e seriamente. Cerchi di far capire che nonostante tutto sei ancora un collaboratore, come loro.
Ma è la cuffietta che fa la differenza.
Un giorno vieni assunto. Con i colleghi va tutto bene, si esce la sera, si gioca a calcetto. Sembra filare tutto per il meglio, finchè il responsabile del call center non molla il colpo.
E il suo posto lo propongono a te.
Un'esperienza e una possibilità da non perdere. Una crescita professionale e finalmente la tua affidabilità, bravura, preparazione, professionalità e serietà veramente premiati.
Non più a fare lo schiavetto aziendale, lo schiavetto dei responsabili e degli operatori tutti assieme.
Continuano comunque le partite a calcetto, le serate in birreria e le cene aziendali. Ed inizi anche a portare la cravatta, raramente vieni in jeans, tantomeno in pantaloni corti. I pensieri aumentano, come le responsabilità e il tuo viso è sempre più teso, meno sorridente e lo sguardo più tirato.
Gli scherzi con i colleghi sono meno, perchè meno sono i momenti che passi in sala. Sempre in ufficio, sempre al telefono, per trovare il modo di "centralizzare" questa filiale "dislocata", per far sì che si prendano altre commissioni, che qui si lavori tutti, team leader, supervisori, responsabili ed operatori. Perchè siamo tutti nella stessa barca.
Ma è la cravatta che fa la differenza.
E ti accorgi che in questo Call Center c'è anche l'invidia, la diffidenza, il sospetto, le congetture e le macchinazioni.
E così, per inerzia, per necessità o per ripicca, ti metti contro.
L'ambiente non è più quello di una volta, per te.
Gli amici veri sono rimasti pochi. E a volte hai difficoltà a fidarti anche di loro.

Ma è una guerra tra poveri e io non mi ci farei prendere troppo dentro, se fossi in te.
I problemi sono altri, più grandi e chi è con te l'ha capito.

(Ogni riferimento è del tutto casuale. Ma questa storia è tanto inventata, quanto incredibilmente vera.)

10 commenti:

Anonimo ha detto...

...e questa dichiarazione xe tanto dolce quanto incredibilmente vera.
;-)

Scuseme... me son comosso.

Son un omo sensibile.

Pensavo, Dory, che te ieri solo che mia.

Lele (frasca)

Anonimo ha detto...

mmmh, esci allo scoperto...
è difficile fidarsi di chi è diventato parte di un sistema, perchè vuol dire che ha avuto e chi gli ha dato non ha dato per niente, sai?
se poi non sei tu il "responsabile" lì dentro (ma credo di sì), cioè la persona di cui parli (ne parli con troppa foga), allora comunque non sei un operatore e sei talmente devoto al tuo responsabile da divulgare la sua storia da povero incompreso.
Per commuoverci?
Così hai solo dimostrato di essere la sua marionetta.

Anonimo ha detto...

rex, mi sembra chiaro che i contenuti del blog vogliono far capire che si deve fare un saltino oltre il problema del precariato fine a sé stesso nei call centre, riguardante i soli operatori.
forse dory ci vuole proprio dire che è necessario un salto mentale per raggiungere la vera radice del problema...

Dory ha detto...

Rex: c'è fior fiore di testimonianze sulla mia esperienza lavorativa in questo blog.
Non esco allo scoperto da nessuna parte, io.
Volevo solo far capire che è un momento molto particolare per i call center (il nostro in particolare) e non è il momento di dividersi, ma di unirsi.
Tutti!
I responsabili, come vengono chiamati, non sono altro che normali dipendenti, piccoli piccoli, ma che si mettono in gioco in ogni momento.
Mettendoci però anche la faccia (e il culo, qualche volta).
Sono quelli che stanno in mezzo, tra azienda (che pressa) e operatori (che pressano), a prendere la merda di tutti.
Qui nessuno partecipa a consigli di amministrazione, tantomeno ci sono auto, portatili o cellulari aziendali. Qui nessuno è Manager.
Qui si lavora per andare avanti.

Anonimo ha detto...

Se una persona scrive cose carine e vere sul proprio responsabile non significa essere per forza una marionetta ma semplicemente aver fiducia in una una persona che ha dimostrato e che dimostra tuttora interesse per il proprio lavoro e che anche nei momenti piu’ difficili si impegna perche’ tutti quanti riescano a tenersi stretto il proprio posto.
Molte volte sono piu’ gli operatori a comportarsi scorrettamente rispetto ai responsabili non capendo che il loro modo di agire nuoce soprattutto a loro.
Dory se gli amici cambiano dal momento che una persona diventa supervisore o responsabile significa che quelle persone non sono mai state veri amici perche’ l’amicizia e’ fuori da quelle quattro mura.

Anonimo ha detto...

ah...
son sempre più comosso...
penso che a voi altri ve faria ben un bel meseto in cantier, tipo asfaltar le Rive in agosto.
dopo tuti ve lamentassi un poco de meno.
altro che girar in cravata
Lele

Anonimo ha detto...

Ciao
innanzitutto grazie per il passaggio.
Posso dirti che se la cravatta diventa stretta puoi sempre cominciare a progettare una fuga.
Io l'ho fatto (a quest'ora sarei responsabile di punto vendita a tempo indeterminato)e non me ne sono mai pentita.
Penso che se abbiamo veramente chiaro in mente dove vogliamo andare il tragitto, magari con mille deviazioni, prima o poi ci condurrà alla meta...
Ciao e complimenti per il blog!
exCOmmessa con la sindrome

Anonimo ha detto...

Ciao
innanzitutto grazie per il passaggio.
Posso dirti che se la cravatta diventa stretta puoi sempre cominciare a progettare una fuga.
Io l'ho fatto (a quest'ora sarei responsabile di punto vendita a tempo indeterminato)e non me ne sono mai pentita.
Penso che se abbiamo veramente chiaro in mente dove vogliamo andare il tragitto, magari con mille deviazioni, prima o poi ci condurrà alla meta...
Ciao e complimenti per il blog!
exCOmmessa con la sindrome

angela padrone ha detto...

ciao dory, complimenti. Ti ho letta sul blog di francesca...la sindrome della commessa. fra qualche giorno tocca anche a te...!
Sono d'accordo con anonimo che parla di un salto di qualità. ovvio che sembra più facile non farlo. Vorrei solo dire che qualche anno fa, chi oggi non trova di meglio che un lavoretto precario, sarebbe stato molto semplicemente un disoccupato. Era meglio?
angela

Anonimo ha detto...

a volte sarebbe carino che anche noi operatori conoscessimo quello che prova l'altra persona. io il supervisore non lo farei mai: mi diverto troppo a rispondere. e come supervisore sarei un po' più severo coi colleghi e non troppo accondiscendente col cliente. il giusto, spero.
ma per fortuna io la cuffietta non l'appendo :-)