mercoledì 4 luglio 2007

Stabilmente precario

Quanto è precario lavorare in un call center.

Ci si scherza, si fa battute, si scrive in un blog e poi ti trovi a scontrarti contro la realtà dello stato dei fatti: qui siamo precari tutti, dipendendi e non, dipendenti più dei collaboratori.
E non hai più voglia di scherzare.

Sono sette anni che lavoro qui dentro.
Mi è sempre mancato il coraggio di rischiare, per "colpa" di quel contratto d'assunzione a tempo indeterminato che mi toglieva ogni disposizione a cercarmi un lavoro diverso.
D'altra parte perchè?

Quante volte mi hanno detto che un callcenter è solo un posto malato: colpa di un Paese che non è riuscito a fare bene le cose per la propria economia, colpa di un Paese che ricorda solo il diritto dell'Imprenditore (del Prestanome, nel caso di certe società) e non quello per cui DEVE adoperarsi: il diritto al lavoro per I GIOVANI.

E invece no, pensiamo alle pensioni...
E' da quando sono bambina che il problema pensioni è al centro di ogni dibattito. A pensarci mi fa ridere: mio padre parlava di pensione già a 30 anni. Amici di mio padre sono andati in pensione a 45 anni.
IO a 33 anni non so se mai avrò una pensione e non riesco nemmeno ad immaginarmela: io non riesco ad immaginarmi nemmeno un pò della stabilità che hanno avuto a suo tempo i miei genitori!

E ti credo, senti quello che dicono in giro gli amici: aziende che chiudono, neomamme licenziate, finti soci di finte cooperative...
E senti come stiamo qui noi, dipendenti di call center: passano gli anni e ti adatti se non ti pagano gli straordinari, sopporti la privazione (senza motivazione) dei buoni pasto, rimani seduto alla stessa scrivania mentre la tua azienda cambia 5 ragioni sociali, e intanto ti compri da solo la cancelleria, tremi ad ogni ritardo dello stipendio, ti arrabbi quando non ti arriva la quattordicesima, speri che la prossima paga ti venga corrisposta.
E poi magari arriva il giorno in cui ti dicono "chissà se lunedì siamo ancora qui..."

Meno male che vivo in affitto, meno male che sono disposta anche ad andare in culo al mondo per lavorare, meno male che non ho legami familiari, meno male che non ho responsabilità, meno male che non ho figli, meno male che ho scelto di fare della mia vita l'emblema della precarità.

Ma che palle.

p.s. se va come temo (ma spero di no!), dalla prossima faccio nomi e cognomi e ogni riferimento NON sarà casuale.

3 commenti:

Ladypiterpan ha detto...

Ciao Dory,

credo che il momento di vita in cui ci troviamo ad affrontare sia per tutti precario. E allora?
Anche io come te (dopo varie peripezie) ho un contratto a tempo indeterminato -ancora per adesso- perchè anche il mio settore (chimico-farmaceutico)è in piena crisi (purtroppo se ne parla poco).
Non per questo non bisogna avere dei sogni!! Io ho un legame, ho una figlia, e ho un mutuo, anzi da Venerdì due!
Tutta la vita è un rischio, ma il bello è proprio questo!!!
D'altronde Dory, in Italia ci sono un sacco di persone con attività in proprio eppure loro non si sentono precari, anzi sono orgogliosi di quello che fanno.
E' il nostro modo di pensare che dobbiamo cambiare!!!
Cordialmente Anna

Dory ha detto...

Certo hai ragione, Anna, ma ogni tanto lascia che si casa nello sconforto... soprattutto quando comunque vedi il lavoro di anni rovinato da dinamiche più grandi di te.
Ogni tanto mi piacerebbe pensare di essere l'artefice del mio futuro...

Ladypiterpan ha detto...

Ciao Dory,

anche io sto vivendo la tua stessa situazione (leggi il mio post sul blog e vedi che dinamiche....)però lo sai che ti dico:
magari cambio nuovamente lavoro ( che potrebbe essere più interessante) oppure è finalmente arrivato il momento giusto per mollare il lavoro da dipendente (nel senso di dipendere dalle idee di qualcun altro e dai) e mettersi in proprio...

Cordialmente Anna