Voglio raccontare due storie. Le storie di due mie amiche.
Ultimamente mi sento poco con loro, perchè per un motivo o per l'altro le nostre vite si sono divise, seguendo percorsi del tutto opposti.
La prima: una delle più vecchie e care amiche che ho. Si è trasferita dal sud per raggiungere il fidanzato che lavorava qui a Trieste. Io l'ho conosciuta all'Università, eravamo compagne di corso. Abbiamo anche fatto la tesi assieme e ci siamo laureate nello stesso anno. Ha circa 4 anni più di me e quando l'ho conosciuta lei aveva già lavorato, per mantenersi gli studi, come cameriera in un pub e come ragioniera.
Dopo la laurea anche lei si è iscritta come me ad un master.
Forte anche di questa qualifica, dopo due anni di ricerca inutile (pena forse il suo stato civile?), ha finalmente trovato un posto: come impiegata.
In pratica aveva fatto titolo il diploma e la precedente esperienza da ragioniera.
Le fanno un contratto di formazione lavoro, per due anni.
Nel frattempo si era sposata, e nell'illusione di tornare un giorno nella sua città di origine ha continuato a vivere in affitto, in un appartamento ammobiliato.
Dopo un anno e mezzo di lavoro, quando il contratto stava per scadere e dopo che l'avevano promossa e soprattutto dopo 4 anni di matrimonio ha deciso di avere un bimbo.
Regolare: è andata in maternità.
Il bimbo è nato, ha concluso la sua maternità e il giorno in cui è rientrata al lavoro le hanno comunicato di cominciare a cercare altrove perchè non le avrebbero rinnovato il contratto di formazione. L'avevano infatti nel frattempo già sostituita con una neo-laureata in legge.
Dopo un periodo di stasi, dovuto alla delusione, forse allo sconforto nel dovere ricominciare tutto daccapo, e occupata comunque a fare la mamma (e mano male che il marito è dipendente statale), la mia amica trova un altro lavoro: un part-time come socia di cooperativa (quindi precaria). Per 5 euro all'ora prepara i documenti per le gare d'appalto, attività su cui lei è specializzata.
Nel frattempo cade definitivamente l'illusione di un trasferimento e si delinea sempre più l'opportunità di costruire una vita stabile a Trieste.
Compra casa e fa un mutuo. Riceve l'aiuto dei contributi regionali.
Dopo tre anni di lavoro in cooperativa, decide di avere un altro bimbo.
La maternità per gli atipici è diversa. Si tratta di solo 5 mesi, all'80% dello stipendio. Inoltre il contratto è precario. Si può chiudere da un momento all'altro.
Il datore di lavoro si arrabbia anche questa volta.
Infatti il bimbo è nato, 5 mesi fa, e la mia amica ha ricevuto l'ultimatum di rientrare a lavoro entro settembre essendo in agosto in "ferie".
Pena la conclusione del contratto.
E quindi mi chiedo: ma noi che dobbiamo fare? dicono che l'Italia cambia, ma a me sembra che nulla si sia spostato di una virgola. Parlano di svolte, ma a me sembra sempre che navighiamo nella stessa merda. I governi mutano, come i ministri, ma nessuno sembra occuparsi di noi.
O meglio di chi non desidera altro che avere una famiglia, o anche non averla, ma almeno una certezza: che se la società deve essere stabile, allora lo sia anche il lavoro; se il lavoro deve essere precario, allora la società si adatti. Insomma qualcuno ci tenga in considerazione. Invece no: si pensa alle pensioni, alle intercettazioni, al governo, se cade o non cade, persino alle coppie di fatto. E nel frattempo lavorare, soprattutto per una DONNA ed essere indipendente, diventa sempre più complicato.