Ovvero storie di ordinaria precarietà…
Siete tutti benvenuti nel call center appeso a un filo: il call center dei cococo, dei copro, degli occasionali e di ben pochi dipendenti...
Dove le vite cambiano, dove si piange, si ride e si scherza, e dove ci si laurea, ci si sposa, ci si separa e , incredibile, si fanno anche figli.
Dove tutti diciamo "me ne voglio andare", eppure siamo qui da anni. Qui tutti crediamo di essere solo di passaggio, ma prendiamo a cuore tutte le questioni.
In questo posto abbiamo venduto telefoni, vestiti, giornali, libri e vini e siamo indispensabili per chi ha un lavoro più importante di noi. Qui ci telefonano banche e assicurazioni, convinti di essere tutto lo scibile umano, ma chissà perché hanno bisogno di noi.
Benvenuti, perché in quest’ufficio vi accogliamo col sorriso (telefonico…), ma all’occorrenza chiunque è pronto a tagliarti i panni addosso… e chissà perché dato che siamo solo di passaggio!
Questo è il Call Center dove siamo indispensabili ed essenziali per i nostri clienti, che non ci danno mai ragione. Neppure per un perdonabile errore tra una chiamata e l’altra.
E ci chiamano colleghi, operatori e quando ci vogliono lusingare un po’ diventiamo addirittura AGENTI.
Facciamo Help Desk, Customer Care, Customer Satisfaction, Teleselling, Telemarketing, Backoffice, ma chissà perché sul curriculum non serve a niente scriverlo.
Quando lavoriamo siamo available, se rispondiamo siamo on call, e se chiamiamo siamo in outbound e ci arrabbiamo se il supervisor ci toglie il follow up.
E siamo anche un ufficio, in cui gli unici dipendenti, chissà perché, si lamentano sempre…
Siamo quel Call Center a Trieste, la filiale "dislocata" in cui non sappiamo nulla di quelli che ci stanno sopra e soprattutto LORO non sanno nulla di noi. Sono quelli che vengono da Milano, che passano per la sala solo per andare in bagno, che non salutano, che non sanno che cosa facciamo e sicuro non se l’immaginano neppure, ma chissà perché sono convinti di sapere tutto di noi.
Benvenuti nel Call Center dove se ti si guasta il PC lo devi dire al Supervisor, che avvisa il responsabile, che riferisce al CCM che chiama l’ufficio amministrativo, intanto speri che ti mettano presto inattivo per non farti entrare una chiamata. Il Call Center in cui l’Asset Management ha un diagramma trasversale con linea retta tendente all’infinito, dove tutti fanno tutto, ma lo fanno sbuffando.
Benvenuti nel Call Center dove chi lavora meno è il più stressato, dove alcuni passano ore a cercare l’errore altrui e quando lo trovano in cuor loro esultano!
Questo, signori, è il Call Center in cui le regole si dispongono per lavorare di meno e le eccezioni te le devi guadagnare e meritare.
Ma è anche l’ufficio dove non si può navigare in Internet, non si può rispondere al cellulare, non si può leggere quotidiani, eppure lo facciamo tutti.
E nessuno ci ha mai detto nulla.
Con le sue contraddizioni, le sue illusioni, le sue beffe questo è pur sempre un Call Center piacevole, allegro e ricreativo, una palestra fondamentale, dove possiamo ancora imparare qualcosa dalla fauna umana e dove non necessariamente ci dobbiamo ritenere dei pellegrini.
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7 commenti:
Questo sfogo è stato pubblicato nell'unico numero uscito del "Giornalino" del Call Center in cui lavoro.
Avevo già pronto un altro pezzo, inedito, che vado a pubblicare di seguito.
La mia storia di precarietà è un po' diversa dalla tua ma trovo interessante quello che dici sui call center. Una cosa però non l'ho capita. A te piace lavorare nel call center o no ?
ecco quello che amo di questo callcenter.
quello che stavo cercando, grazie
leggere l'intero blog, pretty good
imparato molto
imparato molto
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